Sunshine is the best medicine!

Quando ero piccola, quando ancora andavo a scuola, mi piaceva davvero tanto curiosare nei quaderni e nelle pagelle dei miei genitori, riconoscere i loro tratti e il loro sguardo in foto in bianco e nero e scoprire aneddoti più o meno segreti. 

Alcune settimane fa mi sono ritrovata tra le mani la pagella della nonna Beatrice, datata 31 luglio 1923. La carta ingiallita dal tempo e quei caratteri eleganti e sinuosi di penna stilografica mi hanno attratto subito. Vorrei poterne fare un quadro e magari un giorno lo farò. Soprattutto però vorrei poterne sapere di più, vorrei sapere ad esempio cosa si studiava in quegli anni, se c’erano differenze con quello che ho studiato io, se le difficoltà sono state le stesse o se invece è sempre andato tutto liscio. E più di tutto vorrei sapere in cosa consistessero i “lavori donneschi”! Eh sì, perché la nonna Beatrice ha meritato un bell’8 in questa materia!

Ora, io immagino che i lavori donneschi si siano trasformati prima in economia domestica e poi in educazione tecnica, oppure mi sbaglio? Credo proprio che il passaggio sia stato quello e che questo passaggio abbia volontariamente o meno trasformato impeccabili casalinghe in fiere donne in carriera. Non voglio entrare in discorsi femministi e/o politici perché per fortuna ad oggi conosco un buon numero di uomini che vivono di lavori donneschi e almeno altrettante donne che spiccano in lavori tipicamente maschili. Mi viene dunque da pensare che nonostante le trasformazioni dei programmi scolastici, nonostante l’eliminazione di materie e corsi reputati inutili, poi alla fine l’indole, le aspirazioni e, per esempio nel mio caso, le estati trascorse con la nonna Beatrice, abbiano preso il sopravvento.

È per questo che so cucinare, che riesco ad abbinare ciò che trovo in frigo senza combinare guai o pasticci. Ed è per questo che lavoro a maglia e all’uncinetto, che so ricamare a punto croce un bavaglino e che so gestire la mia casa senza bisogno di dover pagare qualcuno perché lo faccia.

Purtroppo non tutte le donne della mia famiglia sono riuscite ad insegnarmi la propria arte e questo solo perché non hanno fatto in tempo. Com’è noto, però, la mia gioia sta nel sentirmi vicina a loro ogni volta che cucino, ricamo, lavoro a maglia o all’uncinetto. Ed è nell’uncinetto che credo di avere qualche difficoltà in più, visto che oltre alla catenella e al punto basso non andavo…

Ormai un paio di mesi fa, però, ho trovato su Facebook un modello all’uncinetto di Kate Alinari (Made by Kate su FB, katealinari su Instagram) e me ne sono innamorata perché leggendo le istruzioni, ho capito che avrei potuto farcela più o meno da sola. E non mi sbagliavo!

Cercavo un bel cappellino da abbinare alla mia mantella e desideravo che fosse adatto ad essa e che le desse il giusto valore.


Questo cappello, il modello “Le fit ” (https://madebykate.me/2016/04/26/uncinetto-le-fit-il-cappello-per-la-primavera-londinese/) è di facile e veloce esecuzione, sta bene a tutti ed è davvero di grande effetto.


E poi c’e Kate: il sole a Londra. È una ragazza davvero speciale. È umile, gentile, disponibile, generosa ed è anche uno dei soci fondatori (e ad oggi vicepresidente) del gruppo Magliuomini, a cui partecipa attivamente, come insegnante e non solo, tornando in Italia ogni volta che viene organizzato un raduno o che c’è una fiera a cui il gruppo partecipa.

Le attività di cui si occupa sono innumerevoli, ma nonostante questo, ha trovato il tempo di rispondere i miei messaggi e addirittura di pubblicare sulla propria pagina Facebook le foto del mio cappellino, riempiendomi di complimenti, forse non proprio tutti meritati.


Avendo realizzato la mantella in cotton merino Drops e in lana di pecora Brogna della Lessinia, acquistato dal mio amico Simone Villa, ho realizzato il mio “Le fit” con l’avanzo di cotton merino color pistacchio (10), usando il filo doppio. Credo sarà solo il primo di tanti, proprio per la sua semplicità e perché è un capo “One-day-piece”, come dico io, ma la prossima volta userò un filato diverso, seguendo lo schema. Infatti, avendo usato un filato più grosso di quello proposto nelle istruzioni e soprattutto non avendole modificate, come avrei dovuto, ho ottenuto un “Le fit” tutto mio, ma comunque molto carino e abbastanza simile all’originale. Kate stessa ne è stata entusiasta. Perché lei è così: non c’è errore che non si possa sistemare!


In uno degli ultimi messaggi, mi ha scritto: “la Kate…fa l’uncinetto…stop!” E forse a prima vista è così, ma dietro quell’uncinetto e soprattutto dietro quel sorriso smagliante si nasconde, neanche troppo bene, una grande positività, la solarità di questa ragazza toscana che anche a distanza è assolutamente curativa perché innesca una voglia di fare che pochi hanno.

E dunque grazie Kate, per avermi insegnato la maglia alta… Stop!

LaBeBi

7 thoughts on “Sunshine is the best medicine!

  1. Beatrice, GRAZIE! Ma grazie davvero, sono felicissima di riuscire a trasmettere il mio entusiasmo, ma così è troppo 😀 Il tuo articolo mi ha riempito di gioia! Ci hai raccontato una bellissima storia che parte da 100 anni fa, passando dai Magliuomini, la lana Brogna e i filati di Simone e Elbert, arriva fino a me. Non potrei essere più felice. TU mi hai portato il sole in questa estate londinese che sembra autunno.

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  2. Che donna, la mia amica Bea!
    Sono d’accordo con te, anch’io ho avuto la possibilità di osservare le mie nonne e così scoprire che vi sono infiniti modi di essere donna. Purtroppo, le convenzioni sociali, in nome di una “pacifica” convivenza tra esseri umani, semplificano e regolarizzano il vivere nelle comunità, in primis la famiglia. Io mi interrogo molto su questo argomento e adesso che ho quarantre anni, i dubbi sono sempre di più.
    Per quel che riguarda il cappellino, non sapendo fare a maglia, né all’uncinetto..ammiro in silenzio.

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